24 Jun 2020 La relazione con il paziente odontoiatrico: empatia o competenze comunicative.
Nella quotidianità di uno studio odontoiatrico il paziente è accolto dalla reception alla sala, dove avviene la cura in un percorso empatico di cui l’importanza spesso si sottovaluta. Il confronto con gli stati d’animo del paziente è quindi d’obbligo, ma non solo; l’odontoiatra si confronta anche con gli stati d’animo del suo team di collaboratori.
a cura del Dr. Roldano Romolini
Sembra quindi che sia lecito e realistico affermare che l’empatia sia indispensabile per curare le persone. Ma cos’è questa empatia? E se non si ha la fortuna di provarla, che si fa? Ricordando che, per definizione, è la “capacità autentica di comprendere a pieno lo stato d’animo degli altri”, si capisce bene come sia una condizione difficile da accendere a comando e fragile da mantenere, in quanto dipende anche dallo stato d’animo personale, dai contesti e dai comportamenti delle altre persone.
La relazione con il paziente deve essere considerata un vero e proprio momento di cura che insieme all’empatia deve avvalersi di opportune competenze comunicative: si possono apprendere, possono essere replicabili e pongono le basi per la creazione di climi empatici e alleanze terapeutiche.
Questo impegno deve essere preso seriamente dagli studi odontoiatri per poter acquisire il punto di vista del paziente nelle sue paure e nelle sue aspettative. Tramite la condivisione di esperienze e il supporto reciproco è infatti possibile approfondire i legami sociali ed instaurare un rapporto di fiducia e intimità.
Il professionista sanitario così facendo ottimizza dunque i servizi offerti all’utente riducendone gli effetti indesiderati e massimizzando i benefici derivanti da una più efficace alleanza terapeutica.
Il ricercatore scozzese David Jeffrey sostiene che i professionisti in ambito medico dovrebbero utilizzarla maggiormente con i pazienti, sostenendo alcune soluzioni per arrivarci. Tra questi suggerimenti c’è l’esercitarsi a vedere nella prospettiva altrui, arrivando all’urgenza di distogliere il pensiero dalle sensazioni negative.
Lo scrittore pakistano Mohsin Hamid la descrive così “l’empatia è trovare in te stesso echi di un’ altra persona”. Con questo non significa mostrarsi accondiscendenti con il paziente o con suoi atteggiamenti non funzionali. Si tratta invece di capire velocemente la sua prospettiva ed avere quindi una reazione appropriata per arrivare all’obiettivo. Il medico riuscirà così ad avere l’atteggiamento più utile.
Rispetto, tolleranza delle differenze, autenticità, contatto visivo e abilità all’ascolto sono esercizi per connettersi agli altri.
Purtroppo non è un caso che molto spesso i pazienti si sentano trattati “come semplici numeri” dai professionisti sanitari, con tutte le conseguenze del caso, confermando l’aspetto anonimo e poco umanizzato della relazione percepito generalmente.